In Occidente siamo abituati a considerare il nostro corpo come un oggetto, che va controllato e comandato, come se questo fosse una entità separata da noi. Quando il nostro corpo diventa un “esso”, cioè noi siamo qualcuno che fa qualcosa a/per qualcun’ altro, noi viviamo in uno stato di dissociazione cotinua.
La costante e ossessiva attenzione della nostra cultura, dei media e della società, in generale concentrata solo sull’apparenza superficiale del corpo, ci impedisce poi di sviluppare una consapevolezza interiore più sottile.
Nella pratica di un’Asana, invece di governare il corpo come entità separata, impariamo ad entrare in una prospettiva interiore di ascolto profondo dove possiamo sentire anche le informazioni non verbali, non intellettuali che normalmente non siamo neppure coscienti di avere.
Mentre nella nostra vita quotidiana siamo abituati a guardare ad esempio la tv mentre cuciniamo, a leggere mentre pensiamo alla lista della spesa e a non essere mai presenti completamente in quello che facciamo, rinforzando così sempre di più la scissione fra noi stessi e la nostra saggezza interiore, nello Yoga accade esattamente l’opposto.
Poichè impariamo a concentrare la nostra consapevolezza sul momento presente, possiamo sperimentare il movimento insieme al respiro e alle sensazioni anche più sottili, iniziando a fare esperienza diretta del nostro corpo dall’interno e nella sua globalità. Riusciamo a sperimentare contemporaneamente ciò che pensiamo, sentiamo e immaginiamo, sperimentando così invece che separazione, soltanto unificazione. Questo è ciò che distingue principalmente lo Yoga dal semplice stretching, per esempio.
La saggezza orientale ci ricordano infatti che :
“dove lo sguardo segue il movimento, lì si dirige lo spirito, dove si posa lo spirito, si manifesta uno stato d’animo, dove si intensifica uno stato d’animo, nasce la gioia suprema”
o anche :
“Dove va l’ attenzione, là scorre energia. Dove scorre energia, lì va la vita.”